I Protettori
Grossi fiocchi bianchi stanno ricoprendo il terreno tutto intorno a me, rendendo lo scenario surreale, non sento freddo. A me è sempre piaciuta la neve, sin da bambino, probabilmente perché dove sono cresciuto, Mizpe-Ramon una città tra la Giordania e l'Egitto, non se ne vedeva molta.
Un altra cosa che mi è sempre piaciuta è fare le ricerche, ed è questo che faccio per vivere: il ricercatore archeologico.
Ho viaggiato il mondo per molti anni ed ho partecipato a centinaia di spedizioni, ma quella più strana, che non dimenticherò mai avvenne qualche anno fa nel 1937.
Data la mia esperienza sul campo fui convocato dall'archeologo inglese James N. Stainton per una spedizione in Egitto, mi disse che voleva esplorare la zona dei templi per ricerche approfondite. Io c'ero già stato, ed effettivamente sarebbe piaciuto anche a me approfondirne la conoscenza, per questo accettai.
Onde evitare il caldo torrido dell'estate, il signor Stainton decise di partire in Dicembre. Infatti il 13 Dicembre di quell'anno mi recai al Cairo per incontrarlo; rimango sempre affascinato nel vedere questa città, gli edifici, le persone e l'aria stessa sembrano creare qualcosa di magico che strega chiunque la osservi.
Fu in quel momento, mentre ero rapito dalla poesia di quell'istante, che James Stainton comparve alle mie spalle, dico comparve perché non mi resi conto del suo arrivo.
-Lei dev'essere il signor Abrham Shylock, dico bene?-
Sorpreso mi voltai -Dice bene.- gli dissi.
Il Signor Stainton era un uomo di media statura e capelli neri, ma due occhi di un azzurro che non avevo mai visto prima, quasi innaturale, e non si poteva dire che non sembrasse un nobile, sia dai vestiti che dal portamento.
Aveva prenotato un albergo intero per se e per la sua troupe, che comprendeva il sottoscritto, ci volle una settimana per organizzare il personale, tracciare la rotta eccetera.
Poi, non per essere razzista, ma la maggior parte del gruppo era locale e quindi mussulmana, dovete sapere che per un ebreo come me non è tanto facile rapportarsi con questa gente, ma devo dire che non ci furono neanche troppe difficoltà.
Una settimana dopo, quindi, partimmo dal Cairo verso il deserto.
Il tempio di destinazione era uno di quelli poco conosciuti, distanti da centri abitati per cui ci volle un po' per arrivarci. Nonostante fosse inverno, durante il giorno faceva molto caldo, ma la cosa più terribile era la notte, che di per se, nel deserto è rigidissima, durante quei mesi era insopportabile. Il fatto, poi, d'avere giornate corte ci rallentò non poco perché i ripari dovevano essere pronti prima del calar del sole per non gelare fino alla morte.
Non vi sto a raccontare nei dettagli il viaggio, poiché sarebbe un noioso raccontare di dune di varie grandezze e di fastidi corporali che non vorreste sentire.
Dopo due settimane di viaggio arrivammo finalmente a destinazione.
Il tempio che si ergeva davanti a noi non era dei più maestosi, anzi, sembrava povero e scarno rispetto quello situato nella Valle dei Re.
-Eccoci arrivati finalmente.- esclamò gioioso l'archeologo -Su, su, tutti al lavoro come abbiamo pianificato.-
Era incredibile vedere le persone che obbedivano ai suoi comandi, quell'uomo aveva uno charme particolare, così anch'io mi misi all'opera all'interno del tempio, il mio compito era la traduzione dei geroglifici nella Stanza Sacerdotale.
I lavori di scavo, come quelli di traduzione, procedevano senza intoppi, ma una strana sensazione mi pervadeva la mente, non sapevo cosa fosse o da cosa fosse derivata, fino a quando qualche settimana più avanti mi resi conto di una cosa tanto sconvolgente quanto affascinante.
Mi affannai a cercare il Signor Stainton per renderlo noto della mia scoperta, lo portai nella stanza e gli dissi che precedenti studiosi avevano etichettato questo tempio come un tempio di Ra, il Dio del Sole, ma ciò non era corretto. Infatti io trovai molti riferimenti al “Dio della Luce” o “Colui che porta la Luce”, ma il geroglifico del nome non era lo stesso di Ra. In più c'era un altro fatto molto strano, il vero motivo della strana sensazione iniziale, cioè la completa assenza di simboli o disegni di altri dei, mentre in altri templi c'era spesso riferimenti ad Anubi, Iside o Maat, come tanti altri dei. In questo particolare e unico tempio invece gli scritti parlavano unicamente di questo dio sconosciuto.
-E' magnifico!- esclamo con un esplosione di gioia -Le informazioni erano giuste... continua a tradurre e riferiscimi ogni cosa che scoprirai, ma non menzionarla a nessun altro, ok?-
-Va bene- gli risposi.
Continuai ancora a tradurre. Oltre a lodare questa nuova divinità, i geroglifici indicavano la posizione di una porta segreta, lo resi noto a James ed insieme a lui la trovammo e ne esplorammo l'interno.
La stanza era vuota, priva di iscrizioni, vi era un piccolo altare con in cima un papiro arrotolato. Con estrema cauzione lo esaminammo: ancora una volta le iscrizioni indicavano un luogo che con tutte probabilità era ancora inesplorato.
-E' nostro dovere trovare questo luogo.- Mi disse James.
Vi ho già parlato del suo carisma, vero? Era difficile per chiunque opporsi.
Uscimmo dal tempio e Stainton radunò i suoi uomini.
-Il programma è cambiato, abbiamo una nuova destinazione. Abbiamo una mappa che ci indicherà la via per cui potremmo partire domattina, senza indugiare oltre.- nel dire questa frase fece vedere il papiro agli uomini, non so per quale motivo, ma molti di questi trasalirono nel vederla.
Prima di andare a dormire, uno dei mussulmani del gruppo, quello che parlava meglio l'inglese, andò da James.
-Signor Stainton... le devo parlare...io e il resto dei Mussulmani del gruppo non possiamo procedere con lei in questa spedizione.-
-Come sarebbe a dire?-
-Mi scusi Signore, ma il papiro da lei trovato è un brutto presagio... i nostri padri ci raccontavano spesso una leggenda riguardante un tempio nel deserto, impossibile da trovare senza la mappa. In questo tempio era custodito un oggetto molto prezioso e potente, e chiunque avesse provato ad avvicinarsi avrebbe fatto sicuramente una brutta fine...-
-E tu credi a questa storia?-
-Si Signore e anche gli altri uomini.-
-Di ai tuoi uomini che triplicherò la ricompensa se continueranno la spedizione.-
L'uomo uscì e si avvicinò agli altri che lo stavano aspettando fuori dalla tenda, lui parlò nella sua lingua e non appena finì di parlare gli altri alzarono la voce e incominciarono a gesticolare dicendo cose per me totalmente incomprensibili e se ne andarono.
-Mi dispiace signore, la vostra offerta non gli ha convinti... e per essere sincero, neanche a me... c'è ne andremo domattina.-
E così fecero: metà del gruppo di spedizione continuò con noi, così in totale eravamo dodici.
Non so se le cose sarebbero andate in modo diverso se il gruppo non si fosse diviso, ma è inutile specularci sopra, questi sono i fatti accaduti: dopo due giorni di viaggio ci imbattemmo in una tempesta di sabbia che non solo ci fece perdere tempo, ma anche rotta e uomini. La tempesta era talmente forte, infatti, che molti si persero. Dico molti, ma in verità rimanemmo insieme solo io e James.
Una volta che la tempesta si acquietò e ci rendemmo conto di essere da soli, il signor Stainton scoppiò in un: -Dannato Inferno!- che tradotto in inglese corrente vorrebbe dire: “Dannazione! Dovo sono andati tutti quanti? Ora come faremo?”
E così continuammo la spedizione noi due: avevamo viveri solo per un altra settimana, la mappa ed una bussola.
La mappa non era così semplice da seguire poiché usava i punti cardinali per dare indicazioni, ma faceva sempre riferimento al sole con precisione indiscutibile. Per esempio diceva: lasciare l'alba alle vostre spalle, girare a sinistra quando il sole tramonta, e così via, a volte sembrava che ci desse indicazioni contrastanti che ci facevano girare attorno, ma decidemmo di seguirle alla lettera.
Per questo motivo ci mettemmo di più di una settimana. E la stagione calda nel deserto inizia prima che in altri posti.
Non passarono molti giorni prima che il mio compagno di sventure cominciò a vaneggiare:
-Hei Abrham! E' da tre giorni che non beviamo... hai sete?-
-Il sole comincia a darti alla testa, dovrebbe coprirsi con la tunica...-
-Ma così avrò ancora più caldo...-
-La tunica ti fornirà l'ombra.-
-Mmm, interessante... tutti gli ebrei conoscono questo trucchetto?-
-Tutti quelli che vivono nel deserto...-
Continuammo a camminare ancora per altri tre giorni.
-Hei Abrham! Sono sei giorni che non beviamo...ho dei crateri nelle labbra che sembrano il Gran Canyon... la mia pelle è così secca che potrei prosciugare il lago di Lochness solo immergendocela... ho le membra così pesanti che se mi sedessi non riuscirei più ad alzarmi... penso di stare per morire...-
-Se hai ancora la forza di parlare non penso che la morte ti possa raggiungere... fin quando non vedrai i miraggi non ti devi preoccupare, quando li vedrai vorrà dire che la maggior parte dell'acqua che hai in corpo è evaporata...-
-Allora dev'essere vicina... penso di vedere qualcosa...-
-No! Secondo la mappa dovremmo essere arrivati!-
Increduli e disperati ci dirigemmo verso quella visione che scoprimmo fosse in realtà proprio quello che stavamo cercando: il Tempio della Luce.
Con la poca forza rimasta ci affrettammo verso il nostro obbiettivo. Era diverso da templi visti in precedenza: la struttura ricordava molto le cattedrali gotiche, ma con uno stile molto grezzo e riferimenti allo stile egizio.
Le nostre speranze di una scoperta di livello mondiale sparirono quando, dopo aver perlustrato il perimetro dell'edificio, realizzammo che non vi era entrata alcuna.
-Quale destino beffardo ci ha portati a morire in questo deserto.- disse l'inglese
-Nessun destino...- replicai -...sei stato tu a condurci in questo inferno!- devo essere sincero, in quel momento avevo voglia di prenderlo a pugni, ma non ne avevo la forza, mi lasciai scivolare contro il muro, fino a sedermi a terra, almeno sarei morto comodo.
James sembrava avere ancora qualche speranza di sopravvivere, tanto che preparò la tenda per la notte che stava arrivando.
-Tu sei pazzo!- gli dissi -Che senso ha sforzarsi tanto: non abbiamo cibo, ne acqua e nessuno sa dove siamo... e anche se lo sapessero non arriverebbero in tempo per salvarci... lascia che il freddo abbraccio della notte ti prenda e ti porti via... come farò io.-
-Tu fai come vuoi. Io penso che se siamo arrivati fino a qui è per un motivo ben preciso... che il buon Dio ci assista e se lui vorrà potremmo fare ritorno alle nostre case.-
Le sue parole continuarono a fare eco nella mia mente mentre vedevo il sole calare dietro le dune bianche e il gelo penetrava dentro le mie ossa. Forse l'inglese aveva ragione, eravamo d'avanti a qualcosa di mai visto prima e non potevamo morire senza combattere.
Andai a dormire in tenda e cercai di dormire, ma mi riusciva difficile, il pensiero che quelli potevano essere gli ultimi giorni della mia vita continuava a tormentarmi.
Le mie elucubrazioni furono interrotte quando udì qualcosa fuori dalla tenda, il primo pensiero fu il principio di pazzia che stava assalendo la mia mente, d'altronde chi è conscio della propria pazzia probabilmente del tutto pazzo non lo è, quindi tesi l'orecchio ed eccolo di nuovo, sembrava il rumore provocato dall'aprirsi e chiudersi di una porta.
Cercai di svegliare il mio compagno di sventura, ma dormiva profondamente, così decisi di uscire da solo a controllare.
Costeggiai il muro del tempio, avvicinandomi a dove avevo sentito provenire il rumore, la luna piena risplendeva alta in celo, la sua luce riflessa sulla sabbia forniva un illuminazione praticamente perfetta, sbirciai con timore dietro all'angolo. Quello che vidi mi provocò sentimenti contrastanti dentro di me: felicità, paura, speranza, curiosità.
Vidi delle persone la quale pelle era chiara come quella della luna che stavano facendo un qualche tipo di rituale, gli osservai per qualche istante prima di accorgermi che il fulcro di quel rituale era una sfera che era ancora più bianca delle loro pelli.
Tornai di corsa in tenda per avvertire Stainton: per quanto ne sapevo potevano essere una tribù di beduini o selvaggi e in situazioni di questo genere è meglio non essere da soli.
Scossi energicamente James per destarlo, probabilmente non fu un risveglio tanto piacevole visto il mondo in cui spalancò gli occhi, ma prima che potesse inveire contro di me gli tappai la bocca e gli feci cenno di tacere.
Sussurrai poi quello che avevo visto, lui rimase impietrito.
Decidemmo di uscire nuovamente e lo portai dove avevo visto quelle persone, ma non c'erano più, James mi guardò come se fossi pazzo, forse non aveva tutti i torti: come potevano vivere delle persone nel deserto, isolate da tutto e da tutti, come potevano sopravvivere. Stavo impazzendo.
Tornammo alla nostra tenda, ma dentro di essa c'erano due di quegli uomini e, non appena ci videro, si spaventarono, sembravano più spaventati di noi, ma prima che potessi dire o fare qualcosa per rassicurarli sentii qualcosa che mi colpì alla schiena e mi fece perdere i sensi.
Mi risvegliai in un luogo buio, tanto che inizialmente mi era difficile distinguere tra quando avevo gli occhi chiusi e aperti, non so quanto tempo ci misero i miei occhi per abituarsi all'oscurità e incominciassero a vedere le sagome di ciò che mi circondava.
Subito però mi resi conto di avere i polsi legati d'avanti a me e ciò mi fece intuire che quelle strane persone ci avessero catturati e portati all'interno del tempio. Provai a chiamare Stainton nell'oscurità, dopo un po' che lo stavo facendo sentii qualche mugolio come risposta, probabilmente si era ripreso dopo di me ed era ancora intontito quando cercò di rispondermi.
Tutto sommato non ci era andata male: non ci avevano fatto del male e ci avevano fornito un riparo migliore della tenda.
Dopo un po' che i nostri occhi si erano abituati all'oscurità, non saprei quantificare il tempo che trascorse, vedemmo una porta aprirsi, lasciando trapelare della luce, era debole quanto quella di una candela, ma bianchissima e ai nostri occhi apparve così brillante paragonata al buio in cui eravamo immersi.
Dalla porta vi entrarono tre persone, due delle quali sembravano delle guardie, portavano una veste più pesante e in mano un bastone dalla cui punta fuori usciva quella strana luce pallida. Il terzo uomo aveva due oggetti in mano, sembravano delle scodelle. Le posò a terra e, gesticolando, ci disse di mangiare dopodiché si allontanarono da esse, James ed io, a quel punto, ci avvicinammo e con cautele mangiammo ciò che ci parve un ottima zuppa di verdure, senza chiederci dove potessero trovare delle verdure nel mezzo del deserto. Una volta finito, lo stesso uomo ci fece cenno di allontanarci, noi obbedimmo e lui portò fuori quelle specie di scodelle insieme agli altri due uomini. Noi ci ritrovammo nuovamente nel buio completo.
-Abrham? Chi erano? Dove siamo? Cosa dobbiamo fare?-
-Non lo so...come posso saperlo...nelle iscrizioni del tempio accennava a “Coloro che proteggono la Luce” penso si riferisse a queste persone... ma da dove vengono o che cosa proteggano, questo lo ignoro.-
Potevo percepire la paura del mio compagno di sventura che cresceva. Io invece, stranamente, mi sentivo al quanto sicuro.
Quelle strane persone ci fecero visita varie volte, cinque per la precisione, ed ogni volta seguirono la stessa procedure: le guardie entravano nella stanza, il terzo uomo appoggiava il cibo, si allontanava, mangiavamo, ci allontanavamo e andavano via con le ciotole.
Anche se non percepivamo il tempo in minuti e ore, poiché non avevamo alcun punto di riferimento, riuscivamo a intuire il passaggio da un giorno all'altro grazie alla stanchezza: quando questa ci sopraffaceva dormivamo e al risveglio calcolavamo fosse passato un altro giorno. Per cui posso dire che dopo tre giorni di questa routine, queste figure si presentarono nuovamente, ma questa volta non portarono del cibo, ma si avvicinarono a noi e ci dissero, sempre gesticolando, di seguirli e così facemmo.
Alla luce di quei bastoni notai che il viso del signor Stainton era molto teso, non si sentiva a suo agio.
Mentre percorrevamo un corridoio mi resi conto che la strada che avevamo percorso era maggiore rispetto alle dimensioni dell'edificio che avevamo trovato nel deserto, questo pensiero mi disorientò e lo dissi a James, il quale mi riferì che l'aveva notato anche lui e a sua volta mi fece notare che ogni tot metri c'erano dei fori su uno dei muri, dai quali si sentiva fuori uscire dell'aria. Secondo lui erano condotti d'areazione il che gli faceva pensare che ci trovassimo sotto terra e che traessero l'aria attraverso quei canali. Questo spiegava le dimensioni maggiori rispetto all'edificio.
Quelli uomini ci portarono dentro uno stanzone con molti ornamenti, drappi e iscrizioni, sembravano di vario colore ma non si riuscivano a distinguere a causa dell'illuminazione bizzarra.
Dentro a questo stanzone vi erano altre persone, uomini e donne, che parlavano tra loro, ma c'è n'era uno di fra mezzo al gruppo che risaltava più degli altri, aveva un copricapo in testa, simile a quello che portavano i faraoni nell'antico Egitto. Questi e l'uomo che ci fece da carceriere cominciarono a parlare.
Con nostra grande sorpresa, James ad io, riconoscemmo la loro lingua o almeno parte di essa: c'erano delle similitudini con l'egizio antico, lingua che il signor Stainton ed io avevamo studiato all'università, ma abbastanza diverso da non farci capire cosa stessero dicendo.
Aspettai un momento di silenzio e mi infilai nella conversazione dicendo la parola “Pace” in egiziano, sperando che potessero capire. Sinceramente non posso dire se capirono oppure no, ma sicuramente ne furono sorpresi, la loro espressione cambiò e mi fissarono per qualche istante, poi ripresero a parlare tra loro con più vigore.
Alla fine della loro conversazione, il carceriere ci disse qualcosa e ci fece cenno di seguirli nuovamente, non capivamo cosa stesse succedendo fino a quando arrivammo in un altra stanza, nella quale si trovavano come degli scaffali scolpiti nella roccia, nei quali si trovavano dei papiri; l'uomo li indico, dicendo qualcos'altro, questa volta riconobbi una parola che io compresi come “Scrutare”, poi se ne andò chiudendo la porta dietro di se.
-Bene. Da una prigione buia e vuota ci hanno portato in una prigione luminosa e piena di papiri... non ci hanno nemmeno liberato i polsi.-
-Non dovresti lamentarti così. Senza di loro a quest'ora saremmo morti... e poi ribadisco che la spedizione è stata una tua idea...-
Mentre stavo per finire la frase vidi il suo viso cambiare di espressione, i suoi occhi acquisirono nuova luce e gli sentii ripetere “la spedizione” a bassa voce, dopodiché si avvicinò ad uno degli scaffali e prese una delle pergamene.
-Che fai?- gli chiesi -Potrebbero rovinarsi.-
-Non capisci? Guarda. Questi papiri non hanno migliaia di anni, non sono come gli altri. Questa gente vive qui e probabilmente rimpiazzano le pergamene logore riportandole su altre di nuove. Questa sembra quasi una biblioteca...e questi papiri sono spesso usati per la consultazione... è per questo motivo che ci hanno portato in questo luogo.-
-Lo pensi veramente? Pensi che vogliano che noi ci mettiamo ad analizzare i loro scritti?-
-Come hai imparato a parlare l'inglese?-
In quel momento capii cosa volesse dire, come una folgore che mi passò tra i tessuti celebrali: “Scrutare” la parola pronunciata da carceriere prima di andarsene, forse nella loro lingua poteva essere interpretata anche come “Studiare”. Probabilmente sentendomi pronunciare parole simili alle loro pensarono di farci studiare la loro lingua in modo da comunicare.
Ci mettemmo subito all'opera, aprimmo uno dei papiri e ci mettemmo a studiarlo.
-C'è qualcosa che non va. Questo non è scrittura egizia, almeno, non totalmente... non capisco...-
-E' etrusco...- affermò James, io lo guardai stupito, poi riprese -Ho fatto un corso di Etrusco, ma sono un po' arrugginito. Sembra che questa lingua derivi da entrambe le scritture, egiziano ed etrusco, formando così una nuova lingua... se ci impegniamo riusciremo a capirne qualcosa.-
Così facemmo. Impegnammo ogni singola goccia di energia sopra quelle pergamene, procurandoci anche copiosi mal di testa, dovuti anche dall'illuminazione. Come successe in precedenza, i nostri carcerieri ci facevano visite regolari per portarci il cibo, ma queste volte non seguirono più la stessa prassi di prima, erano più “umani”, meno staccati. Di tanto in tanto provavamo ad usare parole o frasi che pensavamo di aver capito, dai più semplici “Grazie” ai più complessi “Come state oggi?” e dalle loro espressioni capivamo se le parole erano giuste o meno. Più il tempo passava e più riuscivamo a comprendere anche quando ci rispondevano.
-Mi chiedo.- dissi un giorno al mio amico – Mi chiedo come mai all'inizio ci abbiano fatto passare attraverso quella prassi molto strana.-
-Volevano vedere quanto obbedienti eravamo, si fa così anche con gli animali, si danno degli ordini semplici per un po' di tempo e si vede come reagiscono... poi si passa a quelli più complicati...-
-...come studiare una lingua morta?- replicai ironicamente, -...Già...- rispose con altrettanta ironia e con un sorrisetto in volto.
Ancora una volta non posso sapere esattamente quanto tempo passammo rinchiusi in quella biblioteca, ne posso dire in che giorno venimmo a conoscenza riguardo la storia di quel Tempio.
Un giorno entrarono il carceriere e quello che sembrava un faraone, il quale ci parlò:
-Stranieri... è giunto il tempo di fare la vostra conoscenza...- fummo entrambi sbalorditi per come riuscivamo a capirlo, ci presentammo in maniera semplice, dicendo di dove fossimo, ma non dicemmo che eravamo nel deserto in cerca del loro tempio, volevamo andare con cautela.
Poi ci invitarono a seguirli e facemmo una visita guidata a quel tempio sotterraneo che scoprimmo conteneva una comunità sostanziosa, ci spiegarono che, onde evitare la cessazione della razza, di tanto in tanto mandavano una spedizione nel mondo esterno a “prelevare” delle giovani da portare nella comunità e così sono riusciti a preservare la segretezza.
Ci spiegò che all'interno avevano costruito degli orti artificiali, avevano trovato una fonte sotterranea di acqua e quella luce pallida che avvolgeva ogni cosa in quell'ambiente dava, in qualche modo, il nutrimento necessario alle piante per crescere, certo non coltivavano pomodori grossi come quelli del Texas, ma abbastanza per le loro necessità.
Scoprimmo che il Tempio era eretto a “Colui che porta la Luce” e che all'interno di esse era custodita “la Luce”, descritta come l'oggetto sferico che vidi quella notte, e che gli appartenenti di questa società sotterranea, appunto “i Protettori della Luce”, dovevano proteggerla dagli abitanti del mondo o “Coloro che vogliono portare la luce nel Mondo”. La Luce poteva essere portata fuori dal Tempio solamente durante le notti di luna piena, in modo che si caricasse della sua energia. Ogni fonte di luce in quel luogo brillava in risonanza della Luce. Ci disse, in oltre, che se malaugurata mente la Luce fosse uscita durante il giorno o in qualsiasi altra notte che non ci fosse stata la luna piena su in cielo, la terra sarebbe caduta in disgrazia e che calamità e guerre si sarebbero abbattute su di essa affliggendo l'umanità.
-Questa è una grande scoperta... la più grande scoperta del secolo...no, probabilmente questa è la scoperta più importante di tutti i tempi!- esclamò James assumendo un tono magniloquente.
-Si, probabilmente hai ragione...- confermai, ma non ne ero entusiasta, il che è strano vista la mia passione per la ricerca, solitamente sarei stato io il primo a gridare di gioia per la scoperta di un reperto archeologico, ma questa volta avevo una strana sensazione, qualcosa che mi turbava.
Da quel giorno incominciammo a vivere in mezzo a loro, come parte della comunità; il loro capo ci disse che ci avrebbe aiutati a tornare a casa, ma noi dovevamo fare voto di silenzio riguardo la locazione del tempio. Noi lo facemmo, ma anche se non l'avessimo fatto non ci sarebbe stata molta differenza: nessuno ci avrebbe mai creduti e noi non saremmo mai più riusciti a tornare senza la mappa, che ci avevano sequestrato.
Prima di mandarci a casa, però, voleva onorarci facendoci partecipi della cerimonia della Luce che si svolgeva una volta al mese, così ci insegnarono ogni movimento e parola da recitare durante il rito. Era strano vedere come fosse cambiato il nostro atteggiamento dall'arrivo a quel momento, soprattutto da parte di Stainton: prima timorose e a disagio, ora emozionato e sicuro.
Era curioso vedere come quel rituale non assomigliasse a nessun altro rito religioso che io o James conoscessimo, neanche con quelli descritti nei papiri egizi, una nuova forma di religione, forse la più antica, magari quella che aveva dato origine a tutte le altre: era veramente una grande scoperta, come aveva affermato il mio amico archeologo, ma era una scoperta da custodire e proteggere.
Il gran giorno, o meglio, la grande notte arrivò, ci preparammo con gli altri uomini per il rito della Luce, uscimmo dall'edificio tramite una porta segreta, per quello non riuscimmo a trovarla quella notte.
Uno dei sacerdoti portava la Luce, era la prima volta che la vedemmo da così vicino, era bellissima, bianca e pura.
Iniziammo il rituale, mi sentivo parte di qualcosa di non terreno, ma successe un imprevisto, sentii qualcuno urlare -“Coloro che vogliono portare la luce nel Mondo” ci stanno attaccando!-
Interrompemmo la cerimonia e ci affrettammo a rientrare, ma quelli uomini ci bloccarono la fuga: volevano la Luce.
Noi eravamo disarmati, ma le sentinelle avevano con se un bastone, fortunatamente si erano nascoste prima del loro arrivo e li attaccarono alle spalle, gli aggressori erano in quindici, le sentinelle due, appena si distrassero io mi fiondai su uno di loro riuscendo a sopraffarlo e disarmarlo, così fece anche James e ci battemmo per proteggere quel prezioso oggetto. Anche gli altri, vedendoci combattere, si scagliarono contro di loro anche a mani nude.
In quel gran marasma di gente che si era creato notai che il mio amico si era fermato, non si batteva più, ma stava fissando la sfera luminosa e un brutto presentimento si insinuò in me.
[Finale omesso, potrete leggere il racconto intero all'interno di
Insomnia]