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Simone Marini
 
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Non ti dimenticherò

Non ti dimenticherò

 

Un ragazzo entrò in tutta fretta nella sala studio.

-Astiralk!- gridò. Le persone si voltarono con espressione interrogativa, poi una ragazza, con voce discreta, gli rispose che Astiralk era andata a camminare nel parco.

Senza indugiare chiuse la porta e si precipitò nella direzione indicata. Non ci volle molto prima di trovarla: stava passeggiando senza una meta precisa, fissando il terreno, ma con la testa da tutt'altra parte.

Lui si avvicinò chiamandola per nome; lei, in risposta, si voltò alzando un angolo della bocca, un mezzo sorriso.

I due giovani continuarono a camminare insieme, uno di fianco all'altra.

-È vero che dovrai partire presto?- chiese la ragazza senza alzare lo sguardo da terra.

Lui le cinse il fianco stringendola a sé.

-Sì...è così...volevo dirtelo di persona ma, a quanto pare, le notizie girano veloci...- rispose.

-Ma non è fantastico? Dopo molti incarichi come osservatore finalmente è arrivato il mio turno.-

Il silenzio calò fra i due.

Da quanto potevano ricordare erano sempre stati insieme, grandi e inseparabili amici, ma ora dei sentimenti ancora più forti li legavano.

-Ho sentito che, da quando la rivolta è stata sedata, lì le cose sono sempre peggiorate...ho paura di non rivederti mai più- mormorò la ragazza.

-Non dirlo nemmeno per scherzo. Lo sai che avrò una missione particolare e avrò tutto l'aiuto necessario, vedrai...e poi non passerà molto che verrà anche il tuo turno e potremmo rivederci.-

-Tu cerchi di consolarmi, ma sai bene che una volta lì ti dimenticherai da dove vieni, qual è la tua missione...e ti dimenticherai di me...-

Il ragazzo si fermò e la prese per le spalle, ma lei non volle guardarlo negli occhi; poi, con una mano, le alzò dolcemente il mento costringendola a farlo.

-Lo so...- le disse con un filo di voce -...lo so benissimo...e lo sapevi anche tu fin dal primo momento...è così che devono andare le cose, ma io troverò il modo per non dimenticare...per non dimenticarti.-

Le strinse la mano e la trasse a sé sfiorandole le labbra con le sue.

-Ora devo andare, il Padre deve parlarmi prima che io parta...ci vediamo presto.-

-Addio Suryal- sussurrò la ragazza mentre lo vedeva allontanarsi.

 

Il tempo della partenza arrivò, ma Astiralk non ebbe la forza di vederlo entrare nel Grande Palazzo, all'ingresso del quale vi erano poste due guardie in armatura bianca e lucente, come i raggi del sole a mezzogiorno. Quando queste videro avvicinarsi il ragazzo si spostarono per farlo entrare.

Subito si ritrovò in un enorme stanzone circolare, le cui pareti parevano fatte interamente d'oro.

Di fronte a lui c'era un portone chiuso, ben lavorato, all'apparenza inutile, dato che non portava in nessuna stanza. Tutt'intorno erano poste dodici colonne.

Avvicinandosi vide che c'erano due uomini lì vicino, vestiti con tuniche bianche; uno di questi stava seduto dietro ad una scrivania. C'era sopra un libro massiccio.

-Vieni Suryal- disse quello in piedi.

-Mikha'El? Sei tu?- Chiese il ragazzo in tono amichevole.

-Sì, sono io e sono felice di vederti qui. Finalmente è arrivato anche il tuo turno- sorrise prima di continuare. -Sono stato molto felice per il valore che hai dimostrato durante la Rivolta e anche il Padre ha fiducia in te, perciò ti ha affidato un compito molto importante.-

Stringendogli la mano avvicinò la sua bocca all'orecchio, sussurrandogli ciò che avrebbe dovuto compiere; poi si allontanò.

-Sono molto onorato per questo incarico...spero di poter essere all'altezza- ringraziò umilmente il ragazzo.

-Lo sarai- rispose con fiducia l'amico mentre appoggiava la mano su una leva a lato del portone, abbassandola.

Le due enormi ante si aprirono lente lasciando a bocca aperta il sorpreso Suryal. Non vedeva l'altro lato della stanza, bensì l'universo intero.

Vedeva le stelle e le galassie scorrere ad una velocità frenetica, finché tutto improvvisamente si fermò. Di fronte ai suoi occhi c'era un pianeta azzurro.

-Ecco la tua destinazione...puoi andare- lo incoraggiò Mikha'El.

Mentre il giovane varcava con passi solenni quello strano portone, l'uomo alla scrivania cominciò a scrivere qualcosa sul libro con un pennino candido che rilasciava un inchiostro di luce.

Superata la soglia gli sembrò che un velo cadesse coprendogli gli occhi e, in un baleno, strappato dalla sua stessa esistenza, si ritrovò in un luogo scuro e sconosciuto.

Di lì a poco, per come si calcolava il tempo da dove era venuto, uscì, facendo sentire a tutti i presenti il suo primo vagito che, al contrario di quanto si potesse immaginare, non era un'espressione di dolore, ma di felicità, per essere arrivato in questo mondo.

 

Gli anni passarono e il bimbo crebbe seguendo i suoi genitori che si spostavano da un sito archeologico all'altro; suo padre era un ricercatore e lui, a dieci anni, sapeva già distinguere un reperto egiziano da uno azteco. Viveva in Messico a quell'età.

Un giorno particolarmente caldo, stanco di guardare le rovine di quello che probabilmente era un tempio antico, decise di fare una passeggiata alla ricerca di una fontanella; qualcosa, però, lo distrasse dal suo obbiettivo: vide una bimba, di circa due anni, che se ne andava a spasso da sola camminando in maniera scomposta.

Lui si guardò attorno e vide una moltitudine di turisti, ma gli parve che la piccola fosse del luogo; decise così che avrebbe dovuto fare qualcosa per lei: probabilmente si era persa.

-Ehi bambina, che ci fai tutta sola soletta?- Le chiese sorridendo.

Ovviamente non ottenne risposta, ma solo la sua attenzione.

-Dai andiamo a cercare la mamma- disse prendendole la mano. Subito una strana sensazione gli percorse il corpo: i suoi occhi le ricordavano qualcosa di antico, ma non sapeva cosa fosse.

-Oh! Ayelén! Ecco dov'eri...grazie piccolo per averla fermata- ringraziò la madre della bimba, ancora un po' affannata per la corsa.

Lui rimase a guardarla allontanarsi, ancora inconsapevole di averla trovata.

 
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