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Simone Marini
 
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Senza limiti

Senza limiti

 

Il vento soffia caldo nella vasta pianura, portando con sé palle di polvere ed erba essiccata; il sole brilla perpendicolare nel cielo.

L'aria è irrespirabile e la gente preferisce rimanere al chiuso, dove c'è un po' d'ombra: a stare fuori si rischia la morte.

Il saloon della piccola cittadina senza nome, nel mezzo del deserto, è ricolma di viaggiatori di passaggio in cerca di ristoro e di residenti in cerca di distrazioni.

Tutto il locale è impregnato dell'odore di alcool e fumo e rimbomba di musica, risa delle donne e sbraiti degli uomini.

Le porte si aprono tutto d'un tratto: in piedi c'è un uomo alto vestito con un lungo pastrano nero che lo ricopre fino alle ginocchia.

La gente si blocca per un istante quando sente il rintocco dei suoi stivali neri contro l'appiccicoso pavimento di legno, cercando di scrutare i lineamenti del suo volto; lo straniero, però, ha il capo chino sul quale sta un cappellaccio nero che lascia intravedere solo un paio di folti baffi, anch'essi neri.

A passi lenti si avvicina al bancone, mentre le porte si richiudono dietro di lui oscillando ritmicamente, poi si siede su uno sgabello.

Il barista lo fissa, aspettando la sua ordinazione.

-C'è qualcosa che non sia alcolico in questa baracca?- chiede con voce roca, essiccata dal caldo.

In un istante l'intero locale scoppia in una risata fragorosa.

-Il gringo vuole qualcosa di non alcolico!- Esclama uno dei clienti ad un tavolo.

-Forse non riesce a reggerlo?- Lo segue un altro.

Lo straniero non sembra dare importanza ai loro commenti.

-Vi voglio raccontare la storia di un uomo che, dopo un lungo viaggio solitario, decide di stabilirsi in una cittadina, non ricordo il nome, non ha importanza. Quest'uomo è volenteroso e buono e diventa subito simpatico a tutti gli abitanti...- La voce profonda sembra arrampicarsi lungo la gola secca dell'uomo.

L' intero locale tace e aspetta il seguito del racconto.

-... dopo il suo arrivo, però, cominciano a verificarsi degli strani eventi: gli oggetti spariscono dall'emporio...- Gli occhi del barista scivolano in direzione di Santos, il proprietario dell'emporio locale, lo vede aggrottare la fronte nel pensare ai furti di qualche settimana fa.

-...alcune persone vengono pestate e rapinate, senza che nessuno riesca a vedere l'aggressore...-

Nuovamente i suoi occhi si muovono, questa volta verso Miguel, il maniscalco, che ancora non riesce ad aprire l'occhio gonfio e livido.

-...infine dei rapimenti: persone sparite e mai più trovate-

L'uomo dietro al bancone afferra un bicchiere e una bottiglia mentre osserva la prima ballerina, Maria, con il volto contrito per la sparizione di una delle sue colleghe.

-Tieni straniero...limonata, non assicuro niente, è l'unica cosa analcolica che ho...ma dimmi, come sai queste cose?- chiede incuriosito.

L'uomo vestito di nero butta giù come se fosse la sua ultima bevuta, sente il liquido fresco scendere per l'esofago fino allo stomaco, dando sollievo alle sue viscere.

-Perché è successo più volte...lo stesso uomo viaggia di città in città. Imbroglia la brava gente. Si fa addirittura eleggere come sceriffo e poi, dopo che alcune persone spariscono, fa arrivare la sua banda e fa razzìa della città...come ha fatto con la mia. Lo sto cercando da tempo-. Si ferma, come per lasciare alle persone il tempo di pensare, poi riprende.

-Grazie per la bevuta, devo rimettermi in cammino-. Estrae un dollaro d'argento e lo lancia verso il barista con lo scatto del pollice.

Nessuno riesce a dire nulla mentre si avvicina all'uscita con lo stesso passo cadenzato con il quale poco prima era entrato. Come una presenza eterea, scompare, e per un attimo i clienti si chiedono se è stata solo un'allucinazione dovuta al caldo e alle bevande forti o se è stato tutto reale.

L'aria è ancora calda, ma il vento è scemato ed ora lo straniero cammina senza fatica.

Alle porte della città lo sta aspettando qualcuno: quest'uomo immobile è ritto in piedi, il suo impermeabile chiaro riflette i raggi del sole e si fa fatica a fissarlo direttamente. Avvicinandosi, lo straniero vede il luccichìo della stella da sceriffo che tiene sul petto.

-Killin' Jim...- esordisce lo sceriffo quando lo straniero è ormai a pochi metri da lui -...sei venuto ad uccidermi?-

Jim scosta un lembo del suo pastrano nero mostrando la fondina vuota attaccata al cinturone.

-I federali ci hanno trovato, Brook, proprio dove avevi detto che ci avrebbero trovati...mi sono salvato solo io, ma ho perso la pistola...- La sua voce è priva di emozione, come se fosse abituato a questo genere di conversazioni.

-Mi dispiace amico...avevo le spalle al muro...Cancelleranno il mio passato e potrò cominciare una nuova vita qua...almeno tu sei salvo, no?- Le sue parole escono tremolanti, imprecise, insicure. Ha paura dell'uomo di fronte a lui, l'ha visto in azione, sa di cosa è capace con una pistola in mano, ma ora è disarmato.

Jim avanza con passo costante, senza nemmeno guardare quello che una volta era suo amico.

-Tu avresti fatto lo stesso!- L'esclamazione viene strozzata dal principio di un pianto.

L'uomo in nero esita un attimo a rispondere, sta riflettendo: -Si, l'avrei fatto anch'io...-

Detto questo riprende il suo viaggio verso il Sud.

Brook cerca di controllare il tremore e si avvia al saloon per un goccetto. Deve tranquillizzarsi.

Uno strano vocìo proviene dall'interno del locale, diverso dal solito. Tutto però si ferma quando lo sceriffo mette piede sulla soglia; la clientela, fissandolo, lo segue con lo sguardo, mentre lui si va a sedere al bancone.

-Che hanno i tuoi clienti oggi, Frank?- Chiede inconsapevole all'uomo dietro al bancone.

-Hanno voglia di una spiegazione...- Le parole sono accompagnate dai clic delle pistole che, una dopo l'altra, vengono armate e puntate contro lo sceriffo.

-Ehi, ma cosa?!- Chiede lui, mentre, istintivamente, mette mano al suo ferro.

-Lascia stare.- Consiglia il barista, mentre tira a sé il cane della sua colt.

 

Jim è ormai distante dal locale quando sente una scarica di colpi provenire dalla città. Non riesce a trattenere un mezzo sorriso al pensiero che, di lì a poco, arriverà in Messico.

Lì nessuno conosce ancora Jim Miller.

 
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