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Simone Marini
 
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Terrore nell'oscurità

Terrore nell'oscurità



Ogni sabato sera vado al Falling Star, la discoteca più popolare in questo momento.

E' un po' fuori città, ma d'altronde per divertirsi bene si fa questo ed altro. Prima che aprisse, dovevamo andare al Withe Chapel o al Revolution a Dustyville, o al Gorgeous ad Aston, ora, finalmente, anche la nostra città può avere una discoteca.

Una stella caduta nel mezzo delle nostre meravigliose montagne, che risplende nelle buie notti e riscalda centinaia di giovani simili a me, con la voglia di divertirsi nel sangue.

Un mare di corpi che si muove al ritmo delle onde musicali sparate da dei monoliti che fanno sembrare solido il suono.

Ogni sabato sera vado al Falling Star. Ci vado con dei miei amici. Ogni tanto portiamo delle ragazze, altre volte le troviamo già li e ce le portiamo a casa.

La domenica mattina non esiste, mi sveglio dopo l'ora di pranzo, riesco a riprendere le funzioni del corpo per le tre del pomeriggio e ozio fino al giorno seguente.

Dal lunedì ricomincia la noiosissima settimana scolastica. Ricomincio a vedere le facce dei secchioni sfigati, delle ragazze racchie. I prof che rompono a noi studenti. Le squinzie che fanno le difficili mentre sono a scuola, ma la maggior parte, se le becchi al Falling Star, vengono loro a cercare te.

Questa è la vita di Scott Cooper, questa è la mia vita.

 

Oggi è sabato, a scuola è una noia, come sempre. L'unica cosa che mi tira su di morale è che la settimana è finita, e che questa sera andrò con i miei amici in disco; Gregory Archinson, detto Greg e Troy Elwood, detto Woody.

Greg lo conosco da una vita. E' il tipico ragazzo cresciuto in un paese di montagna, ma contagiato dalle tendenze della metropoli. E' il più robusto del trio, non è molto alto, ma il collo montanaro non tradisce mai. Siamo cresciuti insieme e siamo stati sempre nella stessa classe, anche ora alle superiori, dove abbiamo conosciuto Woody.

Lui invece è sempre stato in città, è un accanito bevitore, ma il liquore non è l'unica sostanza stupefacente che assimila.

Certo, neanche io aborro certi vizzi, ma non ne faccio uso eccessivo. Preferisco le ragazze come passatempo.

Il pomeriggio sul tardi ci ritroviamo.

-Sentite ragazzi- inizia Greg -Ho sentito una mia amica e ha detto che questa sera viene con noi e porta altre due tipe.-

-Spero che siano carine almeno.- Disse Woody accennando una lieve smorfia di disprezzo.

Greg non gli fece caso, ormai eravamo abituati. Woody parlava da altezzoso e acido snob, ma alla fine era simpatico e lo avevamo accettato.

-Certo che lo sono... me lo ha detto.- replica

-Si, me la immagino: porto anche due amiche carine.- dice in falsetto, cercando di imitare la voce dell'amica, che non ha ancora visto, tra l'altro.

Incominciamo i preparativi per la serata: vestiti, abbigliamento, accessori vari.

Finalmente pronti, saliamo in macchina di Woody e partiamo per andare a prendere le tre squinzie.

L'amica di Greg si chiama Nataly, è una paesana, capelli scuri e ricci, occhi azzurri, tutto al suo posto: complessivamente una bella ragazza. Anche le sue amiche non sono male: una brunetta e una bionda con i capelli lunghi e lisci.

Si presentano:

-Ciao, mi chiamo Lucy.- dice la bionda, rimango colpito subito dai suoi bellissimi occhi verdi.

-Io sono Jean.- ovviamente la brunetta.

Ora la serata può incominciare.

Saliamo tutti in macchina: Woody alla guida, immancabilmente; la brunetta si fionda sul sedile al suo fianco; io e Greg dobbiamo stringerci per tutto il viaggio con le altre due ragazze sui sedili dietro... non c'è problema e non sembra che neanche loro c'è l'abbiano.

Accendiamo l'autoradio e lo alziamo a palla. Siamo già in festa. Se non fosse per lo spazio ristretto ci alzeremmo in piedi a ballare, ma nonostante tutto ci dimeniamo e non mancano vari strusciamenti.

Questa sera ci sarà da divertirsi.

Saliamo su per i tornanti e le vie di montagna, passiamo i tratti alberati a dirimpetto di essa.

Poi, come un miraggio in mezzo al deserto, vediamo le luci del Falling Star esplodere tra gli alberi e proiettarsi nel cielo scuro.

Siamo arrivati.

Usciamo dalla macchina e sentiamo la musica che vibra nell'aria.

Siamo arrivati presto, non c'è la fila per entrare, sono le undici passate.

Varie luci colorate si rincorrono per il locale, la musica riempie ogni angolo, anche se c'è ancora poca gente, infatti più gente arriva più la musica si alza.

Approfittiamo della calma per ordinare da bere e conoscere più approfonditamente le ragazze.

Io mi metto d'impegno a conoscere Lucy. Anche se il locale è un turbinio di colori, riesco a vedere perfettamente il verde intenso dei suoi occhi.

Prima che il locale si riempia del tutto riesco ad approfondirne la conoscenza fino alla gola... non riesco ad andare più avanti con la lingua.

E' brava a baciare, e più beve più bacia bene.

Interrompiamo il reciproco approfondimento ed entriamo in pista, incominciamo a ballare e a scatenarci.

Mille corpi in movimento, in fibrillazione. La musica ci penetra nella pelle e nelle ossa.

Lucy si muove bene, è sinuosa, quasi selvaggia, ma aggraziata anche quando si dimena. Mi vengono in mente certi pensieri.

La notte continua tra balli e drink.

Perdo di vista i miei amici, incontro solamente una volta Woody che, in quella occasione, mi offre una pasticca, io dico: -Perché no.- e butto giù.

La notte continua tra luci e suoni. Ballo per tutto il tempo con Lucy, anche se ballare non è la parole esatta, ci dimenavamo e ci strusciavamo.

Ormai le tre del mattino, io e gli altri, ci incontriamo all'uscita. Le ragazze sono esauste, non che noi siamo messi meglio, solo che non lo diamo a vedere.

Un po' barcollando ci dirigiamo verso il nostro veicolo, anche se Woody sarebbe stato contrariato se avessi detto il “nostro” veicolo, in quanto la macchina è sua e ci tiene a farlo sapere, è un tipo strano.

Appena le portiere si aprono ci fiondiamo tutti dentro, la notte ha portato con se un bel po' di freddo. Qualche giorno fa ha anche nevicato ed è rimasta ancora ai margini della strada e sui prati.

Prendiamo i posti dell'andata: Woody alla guida con Jean, che non riusce a tenere gli occhi aperti, al suo fianco; Greg e la sua amica Nataly dietro al posto del passeggero; mentre Lucy sulle mie gambe, avvinghiata, che passa dal mordicchiarmi l'orecchio a baciarmi il collo, anche se lo fa quasi per inerzia, dato che anche lei è molto assonnata.

Ci sono ancora macchine in giro. Non ci sono lampioni lungo la strada, solamente con i fanali delle auto della corsia contraria si riesce a vede all'interno della boscaglia, altrimenti c'è solo il bianco riflesso della luna sul terreno innevato.

Il silenzio regna all'interno dell'abitacolo. Mi si chiudono gli occhi dal sonno, ma voglio restare sveglio per dare del sostegno morale a Woody che non si può permettere nemmeno di distrarsi.

Guardo fuori dal finestrino. Andiamo lenti, ci dev'essere la coda, sono troppo stanco per controllare.

In mezzo agli alberi vedo un ombra strana, nella direzione in cui stiamo andando.

Mi incuriosisce, tendo gli occhi per mettere a fuoco. Ci fermiamo qualche metro più avanti. Guardo bene.

I peli mi si rizzano su tutto il corpo ed un brivido gelido mi percorre tutta la schiene, vedo la sagoma di una creatura umanoide, cammina appena dentro la boscaglia, non vedo i lineamenti ne particolari caratteristiche, solamente che è grosso, probabilmente più di due metri e mezzo, largo un altro metro. Sembra che abbia qualcosa in mano, ma non riesco ad identificarlo.

Cerco di riferire ciò che ho visto al mio amico, ma riesco solamente a balbettare qualcosa tipo: -G-g-gua la g-gros ... la.-

-Cosa cavolo stai farfugliando?- mi risponde stizzito

-Li il ... coso... alberi.... -

-Dormi che è meglio.-

Rimango a bocca aperta per tutto il viaggio, fissando il finestrino. L'ombra superata non riappare più, ma rimarrà stampata nella mia mente per molto tempo.

La mattina seguente mi sveglio con un grosso mal di testa. Colpa dell'alcol e di quella pasticca che mi ha dato, forse è proprio per quella che ho visto quella cosa strana.

Non ne parlo più con nessuno, faccio finta di niente.

Il martedì, a scuola, passando di fianco ad un gruppetto di giovani sento per caso la loro conversazione: -...è da domenica che non la vedo più...- , -Di solito avverte qualcuno quando resta a casa da scuola.-

La cosa non mi tange, ho cose più importanti da fare e non mi interessa sapere per quale motivo una squinzia non venga a scuola.

Il giorno dopo non la penso più così. Casualmente sul giornale leggo: “Ragazza scomparsa” scorro velocemente l'articolo e scopro che l'ultima volta che questa è stata vista è stato al Falling Star, sabato sera.

Una strana sensazione percosse il mio corpo. Un immagine mi perfora la mente: la strana creatura con qualcosa in mano, quella cosa era abbastanza grande che poteva benissimo essere un corpo umano in mano a quella creatura.

Forse non era solo l'effetto della droga, quella sera l'ho vista. Ho visto un mostro, una creatura che si aggira nei nostri boschi...

Resto a casa per due giorni, chiuso in camera. Dico ai miei che sto male e non voglio essere disturbato.

Sabato pomeriggio mia madre mi passa una telefonata in camera. E' la ragazza che ho conosciuto la settimana scorsa. Non mi ricordo più come si chiama.

-Ciao Scotty!- dice con voce squillante, non mi è mai piaciuto questo vezzeggiativo, ma non dico nulla.

-Chi parla?- domando, facendo finta di non riconoscerla, ma è solo perché non ricordo il nome.

-Sono Lucy, ricordi?-

-Si, si, non avevo riconosciuto la voce...-

-Cosa fai oggi, vieni anche tu in disco, stasera?- mi si gela il sangue

-...ee... veramente non sto tanto bene...- di nuovo quell'immagine grottesca nella mia mente -... forse è meglio che anche voi non andiate... hai sentito di quella ragazza scomparsa?-

-Non crederai mica a tutto quello che scrivono nei giornali? Probabilmente sarà scappata di casa. Vabbè ci vediamo lunedì a scuola... ciao.-

Ciao. Riattacco la cornetta.

Non sanno quello che potrebbe succedergli. Poteva succedere a chiunque di noi, anche nei giorni passati. Perché me ne sono accorto solo ora?

Magari è solo una coincidenza, come ha detto Lucy... vado a dormire... io ho cercato di avvertirli, non posso fare più di così.

 

Lo squillo del cellulare mi sveglia. E' ancora buio fuori, guardo l'ora sul display, sono le quattro e mezzo della domenica mattina. E' Woody, cosa cavolo vorrà? A quest'ora, di solito, usciamo stanchi morti dal Falling. Rispondo.

-Avevi ragione... dovevo darti ascolto... c'è... qualcosa...- la sua voce terrorizzata mi fa rabbrividire. So di cosa sta parlando e, nonostante il calore del letto, incomincio a tremare.

-Aveviragione... aveviragione... nel bosco... dovevodartiascolto...- continua a delirarre per altri venti secondi,

-Quellacosa...ha...- smette di parlare, sento solo dei rumori in sottofondo, dopodiché la linea cade.

Non riesco a riaddormentarmi e per i primi dieci minuti dalla fine della telefonata non riesco neppure a muovermi per chiamare a casa di Woody.

Quando ci riesco dico ai suoi che gli è successo qualcosa, non dico cosa potrebbe essere successo, mi prenderebbero per pazzo.

Il giorno dopo, anzi, al pomeriggio, visto che era già domenica, vado a casa sua.

Ho delle vistose occhiaie intorno agli occhi. Non ho dormito.

Vedo posteggiata la macchina, che aveva usato la sera prima per andare in disco.

Suono il campanello, mi apre sua madre con il viso preoccupato. -Sei tu, Scott? Entra.- mi fa accomodare.

-Come sta Woody?-

-Chi? Ah, Troy... non sta molto bene... è ancora in uno stadio confusionale a causa di un forte shock... anche se il dottore non sa ancora quale trauma abbia dovuto subire per essere in uno stato simile.-

-Posso provare a parlargli?-

La madre sospira

-Se vuoi, provaci. E tutto il giorno che ci provo io ma non ho ottenuto nulla.-

Mi accompagna in camera del figlio, quando apre la porta vedo una scena quasi raccapricciante: Woody, seduto sul letto con la schiena appoggiata al muro che si tiene strette le gambe rannicchiate contro il petto, pallidissimo, occhi sgranati che fissano un punto inesistente davanti a se e con la mandibola tremante.

-E' così che l'abbiamo trovato dentro la macchina...-

Mentre mi avvicino la madre esce, non riesce a sopportarne la vista.

-Woody?- dico a bassa voce, ma non sembra reagire alla mia voce.

-Cos'è successo ieri? Cos'hai visto?- nessuna reazione

-... hai visto quella cosa nel bosco?-

Lo sento gemere sembra stia cercando di indietreggiare spingendosi con i piedi, ma è già contro il muro.

-cos'era? È un animale? Perché eri da solo? Cos'è successo a Greg?!-

Dopo quelle parole, Woody, gira la testa di scatto verso di me. Mi fissa con quegli occhi da pazzo.

-Greg! No, no... non dovevi andare la. La stella cadente e pericolosa... Preso! Perché! Non voglio! ... Cosa..... ECCOLA!-

Apre la bocca come se dovesse urlare più forte che può, ma non emette alcun suono e si copre gli occhi con le mani.

Le sue parole mi fanno rabbrividire. E' successo qualcosa di molto grave a Greg.

Prima di venire qua ho saputo che non è rientrato questa notte.

Forse Lucy mi potrà dire qualcosa, magari ha visto anche lei... un momento, perché non era in macchina con Woody?

Meglio che vada subito a controllare.

 

-Ciao Scotty. Ti sei deciso di uscire di casa, vedo...-

La guardo negli occhi, non sembra minimamente scioccata, ma le porgo la domanda comunque:

-Ieri sera non sei tornata con Woody?-

-No, io e la mia amica abbiamo conosciuto due ragazzi che ci hanno portato a casa. Perché me lo chiedi?-

-E' successo qualcosa a lui e a Greg. Non sai niente tu?-

-No. L'ultima volta che gli ho visti stavano uscendo dalla disco. Sembrava, però, che Greg volesse fermare Woody. Non mi sono interessata più di tanto. Poi c'erano gli altri ragazzi, quindi...-

-Grazie.- me ne vado via senza dire nient'altro.

Perché Greg voleva fermarlo? E perché è scomparso lui e non Woody? Come posso fare per trovare la verità?

Forse dovrei recarmi sul luogo... il solo pensarlo mi mette i brividi.

 

Sono passati un paio di giorni, la polizia non ha ancora trovato nessun indizio che la possa aiutare nelle ricerche. Woody è ancora come l'ho lasciato. Vado a trovarlo ogni giorno, sperando che da un momento all'altro parli.

Prima di entrare a casa sua, guardando la macchina parcheggiata, mi viene in mente una cosa che non avevo mai pensato.

Quella telefonata, era in macchina quando l'ha fatta e probabilmente quando ha smesso di parlare è stato lo stesso istante di quando ha perso la ragione, a causa di ciò che ha visto, penso.

Perché allora la cosa che ha rapito Greg non l'ha toccato?

Entro in casa e vado in camera di Woody. E' sempre nella stessa condizione.

-Woody? Mi senti? Devi aiutarmi. La cosa che hai visto... perché ha preso Greg e non te? Sei scappato senza aiutarlo? Non è riuscito ad entrare in macchina?-

-MACCHINA! Solamentelamacchinapuòsalvarmi... devoassolutamenteentrare... chiama... cellularedevochiamareScottluilavistoanchelui.... nonvedononvedoniente... fanalipervedere...COSA!-

L'orrore si dipinse sul suo volto ed i suoi occhi cominciarono a lacrimare, ma dalla bocca non uscì più un suono.

Forse ho capito perché non è stato toccato, per vedere ha dovuto accendere i fari che in seguito hanno illuminato la cosa, rendendola visibile. Questo fatto ha salvato il suo corpo, forse, ma l'ha condannato ad un esistenza priva di ragione.

Questo mi fornisce un vantaggio. A lui non piace la luce, per qui basta andare di giorno e non correrò nessun pericolo.

Aspetterò domattina.

 

Il sole è alto ed io sono pronto a scoprire la verità. Dico ai miei che prendo la macchina per andare a scuola, ma ovviamente non vado e mi dirigo al Falling Star.

Percorro la strada pensieroso, ogni tanto butto l'occhio dentro al boschetto che mi sta a fianco e mi vengono i brividi ripensando a quello che avevo visto quella notte.

Riesco a vedere il locale, sono quasi arrivato. Quando venivamo di sera per divertirci, il solo poter vederlo da distante ci rendeva felici, emozionati per la serata che ci aspettava. Ora mi causa solo angoscia ed un senso di inutilità dentro, mi accorgo che quello che facevamo era vuoto, senza significato ne futuro.

Sono arrivato. Spengo la macchina ed intorno a me c'è solo il silenzio, totalmente differente dal sabato sera.

Prendo il cellulare e scrivo ai miei che non torno a casa a mangiare, ma che tornerò questa sera.

Pur essendo in mezzo alle montagne il telefonino prende lo stesso perché hanno costruito il locale in un punto strategico e le onde riescono a raggiungerlo.

Non ci sono tracce sul parcheggio, c'è l'asfalto, difficile lasciarne. Devo entrare nel boschetto a ridosso di esso.

Guado per terra sperando che qualcosa attiri la mia attenzione, ma niente.

Ad un tratto lo vedo, l'indizio, una traccia. Il tronco di un albero sembra scorticato in un lato e nel terreno li a fianco ci sono rami spezzati ed erba schiacciata, come se ci fosse stato qualcosa di grosso per un periodo indefinito di tempo.

Ispeziono la zona; non trovo nessun indizio che possa far risalire questo a quell'essere, ma trovo altre tracce, sembra una scia, lasciata da cosa?

La seguo, mi accorgo che in alcuni alberi, all'altezza di due metri, ci sono degli strisci, come se qualcosa di duro gli fosse passato accanto e, urtandolo, ne avesse strappato la corteccia.

Mentre ho il naso per aria ad osservare quelle stranezze, inciampo e cado, rotolo per qualche metro, ma non mi faccio male. Sbatto le mani sui vestiti per toglierne la polvere e le foglie secche che si sono appiccicate.

L'aria comincia a raffreddarsi, riprendo la strada percorsa dentro al bosco per tornare alla macchina. Mi accorgo solo adesso che finora avevo camminato in discesa, perché faccio una fatica a salire.

Arrivo, finalmente alla macchina, infilo una mano in tasca per prendere le chiavi. Non le trovo. Non è possibile! Mi saranno cadute quando sono caduto nel bosco. La preoccupazione mi assale. Uso l'altra mano per controllare il cellulare. Maledizione! E' scivolato via anche quello.

Il sole ha cominciato ad abbassarsi, non è ancora il tramonto, dovrei farcela se mi sbrigo.

Mi affretto dentro al bosco. Seguo le stesse traiettorie, non posso sbagliare.

Ho trovato lo spiazzo, ma non trovo le tracce. Devo stare calmo. Respira, calmo.

Mi sembrava fosse a destra, si a destra.

Ecco, non era difficile, no?

Ho ritrovato la strada. Li ci sono i segni per terra e fra un po' vedrò i segni sugli alberi.

Eccoli, quindi fra qualche metro è il luogo dove sono caduto, devo cercare attentamente, con cura.

Sono sicuro di essere caduto qui, in questo punto, adesso che la luce se ne va è ancora più difficile cercarle... la luce? Sta calando la notte, me ne devo andare. Ho trovato il cellulare, almeno.

Ho sentito un tintinnio metallico, qui vicino, trovate!

Corri, presto. Il terreno è umido e rischio di cadere ad ogni passo, le scarpe scivolano e il fatto che sia in pendenza non mi aiuta affatto.

Caspita! Ho appoggiato male il piede su un sasso e sono caduto a terra, di nuovo.

Prima che riesca ad alzarmi sento qualcosa di strano, un rumore.

Non ho mai sentito una cosa del genere, mi ha fatto gelare il sangue, e la cosa che mi spaventa di più è che proveniva proprio nella direzione in cui sto andando.

Mi muovo con più cautela. Cerco di stare attento ad ogni rumore. L'ho sento di nuovo, è più vicino, sembra il verso di una bestia, ma non ha niente a che fare con gli animali conosciuti.

Ormai il celo è completamente oscurato dal manto notturno, tra gli alberi filtra un po' della luce lunare, e proprio a causa di questa luce che riesco a vedere l'orrore che mi passa davanti in questo momento.

Rimango paralizzato, non riesco a muovere un muscolo, mi è passato davanti ed è andato via, ma quello che ho visto è non si può spiegare con le parole. Una creatura immonda.

Devo scappare, non mi devo lasciar prendere.

Corro il più veloce che posso, e forse un po' di più, nella direzione opposta alla sua. Corro fino a quando una fitta al fianco non mi permette più di correre e, quasi, di respirare.

Cerco di calmarmi, prendo fiato e mi metto ad ascoltare. Dopo qualche secondo risento quel verso, davanti a me.

Non è possibile. Prendo un altra direzione, correndo con le poche forze rimaste.

Non riesco a fare molta strada, ho male alle gambe, ma nonostante tutto sento ancora quel suono infernale.

Cambio nuovamente direzione, ma riesco solo a camminare. Di tanto in tanto sento il suo verso che si fa più vicino.

Ho freddo, ho tanto freddo. Faccio fatica a sentire le dita dei piedi. Cerco di usare l'alito per riscaldarmi le mani, ma una volta passata la ventata il freddo torna più duro di prima. Mi sembra che il naso mi possa cadere da un momento all'altro. L'aria gelida mi da fastidio agli occhi, se la temperatura fosse un po' più bassa mi si formerebbe il ghiaccio al posto delle lacrime. Ogni passo che faccio è come se il mio piede sbattesse contro qualcosa di duro, ma so che non è così, sono le mie ossa che si stanno ghiacciando. Si, lo sento. Anche il sangue ormai non fluisce più con velocità regolare. Se mi addormentassi ora probabilmente si ghiaccerebbe senza lasciarmi speranza. Non voglio nemmeno smettere di pensare per paura che mi si congelino i neuroni all'interno del cervello.

Non ne posso più.

[Finale omesso, potrete leggere il racconto intero all'interno di Insomnia]

 
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